I tumori cutanei sono in costante aumento, arrivando a rappresentare un terzo di tutti quelli diagnosticati. L’incidenza maggiore avviene dopo i 40 anni e ogni anno si registra un incremento del 5%. Il più aggressivo è il melanoma cutaneo che corrisponde all’1% di tutti i tumori potenzialmente maligni. Ognuno di noi presenta sulla cute numerosi nei, in un numero variabile che va da 20 a 200. Ma come capire se c’è il rischio che qualcuno di questi si trasformi in melanoma? Vediamolo insieme.
Come capire se un neo si sta trasformando in melanoma?
La risposta è nella “Regola dell’ABCDE”. A sta per asimmetria, B per bordi, C per colore, D per dimensione e E per età o evolutività. In sostanza, quando c’è un rapido aumento delle dimensioni, l’accentuarsi o l’estendersi della pigmentazione, il sanguinamento o l’ulcerazione spontanea di un neo, tutto lascia pensare a una possibile trasformazione del neo in melanoma. Non succede nulla se invece una persona si graffia o stuzzica un neo con l’unghia. Questa è una falsa paura da sfatare, perché l’evoluzione deve essere spontanea e naturale. Ma non esiste solo il melanoma. Due importanti manifestazioni di tumore della cute sono rappresentate dal carcinoma basocellulare e dal carcinoma spinocellulare.
Che cos’è la cheratosi o discheratosi?
La forma precancerosa cutanea più diffusa è la cheratosi attinica, detta anche discheratosi o cheratosi solare. Queste cheratosi sono delle piccole macchie arrossate che successivamente presentano delle crosticine e possono poi diventare tumori. Colpiscono le cellule più superficiali delle pelle, possono manifestarsi come lesione singola oppure in diverso numero. In un quinto dei casi guariscono spontaneamente. Il resto può evolvere verso una forma neoplastica. Le discheratosi possono essere trattate con terapie locali o con crioterapia, laserterapia o con terapia fotodinamica. Quest’ultima metodica, praticata da appena uno o due anni, prevede un uso combinato di farmaci locali e luce particolare e consente di intervenire in tutti quei casi in cui non sia possibile effettuare l’intervento chirurgico.