La foto di un’impiegata che aveva lavorato per trent’anni con metà faccia rivolta verso la finestra e che mostrava una cute molto più invecchiata proprio su quella parte del viso ha fatto il giro di tutti i congressi di medicina estetica del mondo. È ormai accertato: gli Uv sono letali per la bellezza perché innescano un meccanismo di fotoinvecchiamento. I soggetti più a rischio sono quelli che vivono nelle città inquinate, dove le polveri in sospensione nell’aria impediscono alle radiazioni di disperdersi nell’atmosfera. La concentrazione di Uv al suolo risulta molto alta e bombarda la nostra pelle tutto l’anno. Da settembre a maggio, chi lavora al chiuso assorbe il 52% delle radiazioni annue complessive. Ed è in questo processo che si originano 2/3 dei danni cronici e cumulativi indotti soprattutto dagli Uva che, rispetto agli Uvb, sono presenti in tutte le stagioni, passano dai vetri e penetrano nell’epidermide fino a colpirne le fibre elastiche di sostegno. Complice lo smog, quindi, i nostri meccanismi di autodifesa sono costretti a un superlavoro che può renderli deboli e inefficienti. Soprattutto se alla permanenza in luoghi contaminati si sommano esposizioni frammentane ma intense e ripetute, che aumentano l’incidenza dei tumori cutanei. Ecco perché la ragazza milanese
che passa i weekend estivi in riviera e il Natale sugli sci corre più rischi del pescatore siciliano, in barca sei mesi l’anno. Certo, la luce solare è necessaria alla salute, ma, soprattutto chi vive in città, deve prendere le dovute precauzioni.
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