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NO LIFTING: RINGIOVANIRE SENZA BISTURI?

Chirurgia estetica contro dermatologia plastica: la battaglia è appena cominciata. Sì, perchè la seconda è una disciplina appena nata e che già suscita polemiche incandescenti. Da una parte, c’è il suo ideatore, Antonino Di Pietro, specialista in dermatologia e venereologia, subito ribattezzato il “giustiziere della pelle”. La sua tesi è semplicissima, e rivoluzionaria: basta con il bisturi selvaggio, la nuova frontiera della bellezza è nella medicina. Vale a dire, nella dermatologia plastica. Dall’altra parte, ovviamente, si schierano gli specialisti di chirurgia estetica. “Grazia” ne ha intervistati due, di fama internazionale: Luigi Donati, direttore dell’Istituto e della Scuola di specializzazione di chirurgia plastica dell’Università di Milano e Nicolò Scuderi, presidente della Società italiana di chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica. E il dibattito si è subito acceso.

L’oggetto del contendere: ma si può davvero fare a meno della sala operatoria? Professor Di Pietro, che cosa c’è dietro alle parole dermatologia plastica? “Innanzitutto una società internazionale, l’Isplad, International society of plastic and aesthetic dermatology, il cui principale obiettivo è quello di creare una disciplina che, per migliorare l’aspetto dei pazienti, fa a meno del bisturi”. La sua caratteristica principale? “La non invasività. Ma c’è di più. Questa disciplina nasce da un’esigenza etica: non si possono fare interventi che creano problemi alla salute con materiali non assorbibili, vedi il silicone o il botulino. A differenza della chirurgia plastica, la nostra specializzazione non cerca cambiamenti eclatanti – visi di 50 anni freschi come quelli di 20 – ottenuti con tagli profondi, asportazioni di tessuto e punti di sutura. Con la dermatologia plastica si vogliono combattere i segni del tempo rispettando al massimo il trend della pelle. Con le armi dei dermocosmetici e degli integratori (vitamine, oligoelementi), della biorivitalizzazione (enzimi che restituiscono turgore ai tessuti), dei filler (collagene e acido ialuronico), dei peeling, dei soft-laser e così via, è possibile plasmare la cute. Cioè, fare una “plastica” senza ferire o aggredire il corpo”. Una proposta-manifesto a cui replica, con un sorriso, il professor Nicolò Scuden, e con una precisazione: “Per fare il chirurgo plastico ci vogliono cinque anni di specializzazione. Quanti per fare il dermatologo plastico? E presso quale università? Stiamo parlando di qualcosa che non c’è: la chirurgia plastica esiste da 60-70 anni, la dermatologia da 100, ambedue richiedono un curriculum riconosciuto. Chi stabilisce le regole per questa nuova specialità?”. La perplessità di Scuderi è simile a quella del professor Luigi Donati che aggiunge: “La proposta di Di Pietro scientificamente appare vuota. Il suo difetto maggiore? Non tanto quello di criticare i chirurghi plastici (questo lo definirei un discorso secondario), quanto una certa mancanza di chiarezza nel definire la dermatologia plastica dal punto di vista medico-biologico. Mi spiego: Di Pietro, che è un dermatologo, fa un discorso di messa in guardia (anche noi chirurghi plastici lo facciamo contro certi colleghi scorretti e da almeno 25 anni) nei riguardi della chirurgia, mentre io ritengo che sarebbe più corretto se si limitasse al suo campo di specializzazione. Così è un paradosso: è come se io mi mettessi a criticare la neurochirurgia, le critiche possono essere corrette, ma a dare un giudizio di qualità dovrebbero essere solo ed esclusivamente gli appartenenti a una determinata categoria”.

La linea di confine: attenzione a non confondere le competenze. Di Pietro non si scompone: “Capita spesso che una novità provochi reazioni, ma poi il tempo appiana tutto. E’ evidente che la linea di confine tra dermatologia e chirurgia plastica è più sottile di quella tra chirurgia plastica e neurochirurgia. Tanto che nel mio studio vengono pazienti che sono stati rovinati da chirurghi estetici senza scrupoli. Il che non impedisce di dire che ci sono anche tanti ottimi specialisti, chirurghi eccellenti, che intervengono bene e in modo eticamente corretto”. L’attacco non è quindi rivolto alla chirurgia plastica, ma a chi la pratica in modo sconsiderato e indiscriminato. Ma che vantaggi avrebbe la dermatologia plastica, rispetto ai metodi tradizionali d’intervento? “La nuova disciplina si occupa in modo approfondito solo dei problemi riguardanti la pelle e i suoi annessi. Il campo classico della dermatologia. Non c’è dubbio che il dermatologo dovrebbe essere, per sua specifica – e anche giuridica – formazione professionale, lo specialista a cui rivolgersi per tutti questi problemi. In particolare, adesso il dermatologo plastico ha scelto di orientare i suoi interessi verso la cura e la prevenzione delle rughe, della perdita di tono dei tessuti e così via. Lo fa in un modo attento, sofisticato tanto da riuscire a ‘mimare’ talvolta un effetto lifting”. Il che significa che si può diventare belle anche senza bisturi? La chirurgia estetica diventerà obsoleta? “Niente affatto. La dermatologia plastica è contro gli eccessi, contro l’interventismo a ogni costo, ma è in pieno accordo con quella chirurgia che risolve gli inestetismi “costituzionali” come un naso storto o il prolasso delle palpebre”. La questione non è: chirurgia sì, chirurgia no. Riguarda piuttosto la correttezza professionale. “Bisogna stare attenti a capitare nelle mani giuste”, specifica Di Pietro. “Esistono troppe vittime della chirurgia plastica selvaggia e speculativa”. “Come esistono molte vittime di dermatologi ‘aggressivi’ che iniettano botulino o altre sostanze nelle loro pazienti”, replica Donati. “Non c’è dubbio che l’uso del botulino richieda molta prudenza perchè non sono ancora noti gli effetti a lungo termine. Mentre, per quel che riguarda le labbra, esistono biomateriali (acido ialuronico) sicuri, regolati dalla normativa dell’Unione europea e studiati da commissioni di esperti. Ma c’è un altro punto che mi sembra importante chiarire: l’attacco alla chirurgia senza scrupoli è giusto, ma un po’ démodé. Più volte sono state date, proprio dai chirurghi seri e dalle associazioni di categoria, una serie di indicazioni e precauzioni (vedi box qui a lato) per individuare lo specialista affidabile ed evitare gli ‘avventurieri’. La gente è avvertita e, prima di affidarsi alle mani di qualcuno, prende tutte le informazioni necessarie”.

Accusa e difesa a confronto: in cerca di una mediazione. La battaglia resta aperta. Tutti sono d’accordo nel dire che bisogna rivolgersi a specialisti seri, sia nel campo della dermatologia plastica sia in quello della chirurgia estetica. Ma poi, chi vuole prevenire o cancellare le rughe, a chi deve rivolgersi? “Personalmente diffido sempre delle ‘verità terapeutiche speciali’, enzimi o altro capaci di rigenerare la pelle. Mi si consenta il beneficio del dubbio finchè almeno non sia ben chiaro di che cosa si tratta”, risponde Donati. “La definizione di dermatologia plastica è soltanto un neologismo, di cui non si capisce il significato. Di Pietro ha dichiarato: “E’ una disciplina che prende il meglio della dermatologia e del concetto della plasticità, dunque dell’armonia della pelle”. Questo basta a definirla una disciplina? Non esiste e non è insegnata in nessuna facoltà del mondo. E’ una sorta di specializzazione fantasma. Quali sono questi misteriosi-miracolosi trattamenti di cui non si conosce il titolo biologico, la scientificità, la posizione del mondo accademico? Quali sono i reali contenuti medici? La vera messa in guardia non dovrebbe essere solo contro le frange scorrette di ogni professione, ma anche contro le notizie prive di un reale retroterra biologico”. Aggiunge Scuderi: “Inoltre non tutti i chirurghi plastici sono per il bisturi a ogni costo. Noi spesso facciamo filler e peeling, puntiamo a dare turgore e naturalezza, senza intervento chirurgico. La nostra specializzazione ha conosciuto una grande evoluzione e punta ad avere un’invasività sempre più ridotta. In alternativa ai dermatologi plastici, alcuni di noi debbono farsi chiamare chirurghi dermatologi?”. La sola idea che sia possibile associare dermatologia plastica con incertezza accademica fa inorridire Di Pietro che ricorda la scientificità della procedura: “Innanzitutto si osserva la cute del paziente eseguendo un vero e proprio check-up clinico-strumentale. Così s’identificano lo stato e i bisogni della pelle. Individuati gli inestetismi (rughe, rilassamento, smagliature, macchie, acne, cellulite, couperose), si spiegano al paziente le possibili soluzioni terapeutiche e i reali risultati raggiungibili. Se necessario, si prescrivono integratori dietetici e dermocosmetici. Tutto qui. Perchè gridare allo scandalo?”.

Maria Angela Masino

IL DECALOGO DEI CHIRURGHI
Le regole per scegliere lo specialista, la tutela del paziente. Anche su questo argomento le posizioni sono diverse.
Ecco il decalogo della Società italiana di chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica.
.Rivolgersi alle società accreditate, che corrispondono al titolo di specialità (per esempio: Società di dermatologia e venereologia, riconosciuta dalla Ue).
.Diffidare delle qualifiche strane, non riconosciute, che non corrispondono al titolo universitario.
.Per avere notizie e informazioni su uno specialista, rivolgersi all’Ordine dei medici.
.Diffidare di chi evidenzia titoli maturati all’estero, che non si possono controllare
.Diffidare dei chirurghi itineranti, quelli cioè che dicono di operare in altre città o Stati. Prediligere i residenti.
.Evitare chi cita solo risultati positivi: nasi perfetti, rughe sparite.
.Diffidare di una richiesta economica spropositata (troppo alte: speculazione; troppo basse: non affidabili).
.Consultare più specialisti diversi per farsi un’idea corretta: il bravo chirurgo riesce a risolvere i problemi e gli imprevisti senza danni, anche quando le cose non vanno bene.
.Sottoporsi alla chirurgia non per “comprare” la bellezza, ma per eliminare i difetti.
.Farsi consigliare dal medico di famiglia, evitare di sentire pareri e consigli “da salotto”, o peggio di affidarsi al sentito dire.

LE REGOLE DEI DERMATOLOGI PLASTICI
Ecco il decalogo proposto dall’lsplad.
.Chiedere quali sono gli effetti collaterali delle terapie e degli interventi che vengono proposti.
.Chiedere quali sono i risultati minimi e massimi che si possono raggiungere e quanto tempo possono durare.
.Non farsi iniettare sostanze non riassorbibili (silicone, metacrilati, plexiglas…) per evitare granulomi da corpo estraneo.
.Non farsi iniettare veleni o tossine senza che sia conosciuta la quantità massima iniettabile e non si conoscano gli effetti collaterali a lunga distanza.
.Ricordarsi che anche il più piccolo intervento chirurgico lascia una cicatrice.
.Fidarsi di un medico che spiega tutto con chiarezza e non propone inverosimili cambiamenti.
.Non fidarsi di chi sostiene di essere l’unico in grado di fare certe terapie.
.Fidarsi del medico che dà la più completa disponibilità a farsi rintracciare in caso di reazioni impreviste.
.Non fidarsi di medici ambulanti che operano in strutture non autorizzate (esempio: presso estetiste o profumerie).
.I risultati migliori sono quelli naturali e non artefatti.

redazione

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