più igiene contro il piede d’atleta

Il piede d’atleta, o Tinea Pedis, è un’infezione cutanea che si manifesta negli spazi tra le dita dei piedi. I funghi responsabili di questo disturbo sono il tricophiton rubrum, l’ephidermophiton e la candida. Viene comunemente chiamato “piede d’atleta” perchè colpisce prevalentemente chi, come gli sportivi, indossa molto spesso scarpe con la suola in gomma, un materiale che non lascia traspirare a sufficienza il piede. Negli ultimi anni questa infezione si è notevolmente diffusa sia per l’aumento del numero di persone che praticano abitualmente attività sportiva, sia perchè l’uso delle scarpe da ginnastica si è esteso, per esigenze di moda o comodità, anche tra coloro che non fanno esercizio fisico, primi fra tutti i giovani. Fino a pochi anni fa l’uso di calzature con suola in gomma era ritenuta l’unica causa del “piede d’atleta”, ma da poco tempo, si è riscontrata la comparsa di questo disturbo anche tra le persone che soffrono di problemi circolatori e che hanno, soprattutto nel periodo invernale, i piedi molto freddi. Vediamo allora come si può intervenire.

LE CAUSE PRINCIPALI
Due sono le principali cause che portano alla comparsa di questa infezione da funghi. Ma a queste spesso si aggiungono altri fattori “aggravanti”.
DA UNA PARTE VI PUO’ ESSERE UNA CIRCOLAZIONE RALLENTATA NELLA ZONA DEL PIEDE CHE HA COME CONSEGUENZA UNA RIDOTTA OSSIGENAZIONE DEI TESSUTI DI QUESTA ZONA. Lo scarso apporto di ossigeno e, quindi, di nutrimento riduce il ricambio corneale (cioè il rinnovamento dello strato più superficiale della pelle) diminuendo le difese immunitarie dei tessuti. Se una pelle così fragile viene attaccata dai funghi, non riesce a difendersi ed è facile preda delle infezioni. Queste condizioni si riscontrano normalmente nei diabetici che, non a caso, sono più esposti di altri alle infezioni micotiche.
L’USO DELLE SCARPE CON SUOLA IN GOMMA E’ L’ALTRO FATTORE SCATENANTE CHE PORTA ALLA DIFFUSIONE DEL FENOMENO. La mancata traspirazione del piede, con conseguente ristagno di sudore nella scarpa, crea infatti l’ambiente ideale per la proliferazione del fungo. L’uso di calze di lana può agevolare ulteriormente la comparsa del disturbo, perchè la lana aumenta la sudorazione del piede e impedisce una corretta traspirazione. Inoltre, le calze di lana non possono essere lavate ad alte temperatura e non possono essere disinfettate.
ANCHE A FORTE CALDO ESTIVO, SE SI USANO SCARPE CHIUSE E CON SUOLA DI GOMMA, PUO’ APRIRE LA STRADA ALL’INFEZIONE. Senza contare che con il caldo si cammina più facilmente a piedi nudi, e se ciò avviene in ambienti caldo-umidi sono alte le probabilità che i funghi aderiscano alla pelle scatenando il disturbo.

I SINTOMI PIU’ COMUNI
La tinea pedis, in genere, comincia a manifestarsi tra il III ed il IV spazio interdigitale del piede. La pelle appare arrossata e compaiono delle piccole vescicole che, rompendosi, danno luogo a una desquamazione pruriginosa, simile a un eritema.
Il prurito, che è il sintomo per eccellenza di questa infezione, può essere anche molto violento e peggiora sia con il sudore sia in presenza di acqua. Questo sintomo rimane presente in tutti gli stadi, ma è più fastidioso nella prima fase.
In un secondo tempo, se le prime manifestazioni del disturbo vengono trascurate, iniziano a comparire desquamazioni più profonde in tutte le pieghe cutanee, ma soprattutto tra dito e dito, chiamate fissurazioni.
Se non s’interviene neanche in questo stadio dell’infezione, le fissurazioni si estendono a tutta la pianta del piede e alla parte laterale; successivamente si rompono e producono sanguinamento.
Nei casi più seri, l’aumentare delle fissurazioni sulla superficie della cute del piede, accompagnate da sanguinamento, può impedire la normale deambulazione, cioè camminare correttamente.

LA DIAGNOSI
Ai primi sintomi è bene fare una visita specialistica dal dermatologo. Normalmente, la diagnosi viene fatta dallo specialista osservando il piede colpito senza presentare particolari difficoltà.
Nella prima fase, detta “vescicolosa”, si può avere una diagnosi più precisa sottoponendosi a un esame micologico “a fresco”, cioè prelevando una minuscola parte di materiale cutaneo dalla vescicola o dalla squama e analizzandola al microscopio. Se il medico lo ritiene opportuno, si può anche fare una coltura, che consente di individuare la specie del fungo responsabile della micosi.
Sul fronte della tecnologia diagnostica c’è da sottolineare l’utilizzo di strumenti capaci di ingrandire l’immagine dell’area analizzata, che consentono al medico una verifica altrimenti non possibile a occhio nUdo. Si tratta del dermatoscopio e del videodermatoscopio a luce polarizzata.
Il dermatoscopio è un’apparecchiatura molto semplice che ingrandisce, grazie a una lente di ingrandimento fissa, la zona da analizzare. Il videodermatoscopio è, invece, una macchina più sofisticata che ingrandisce la parte da 10 a 1000 volte. Questo strumento si avvale delle fibre ottiche per portare una luce fredda sull’area da analizzare e attraverso una telecamera trasferisce le immagini su un video. In questo modo lo specialista può analizzare le immagini e fornire la diagnosi. Eventuali cause microcircolatorie vengono accertate aumentando l’ingrandimento da 200 volte in su.

LE CURE
Le cure che il dermatologo prescrive si basano su farmaci da assumere per bocca o da applicare localmente.
Fino a qualche anno fa, venivano anche utilizzati coloranti quali la fuscina, il blu di metilene o il violetto di genziana, che abbinavano all’effetto curativo un antiestetico effetto colorante.

I farmaci per bocca
I preparati a base di terbinafina, di traconazolo o di fluconazolo agiscono bloccando la riproduzione del fungo ed evitandone la propagazione. La posologia è normalmente di una compressa al giorno per circa 4 settimane.

Le creme
Per via esterna si applicano invece delle creme antimicotiche, a base di tioconazolo o bifonazolo o altre molecole della famiglia degli imidazolici, che agiscono per via transdermica con meccanismi analoghi a quelli dei farmaci per bocca, bloccando cioè la riproduzione dei funghi e facilitando la loro distruzione. I preparati topici (ad uso locale) vanno applicati almeno due volte al giorno per circa 4 settimane.
Per via esterna, vengono anche prescritti pediluvi a base di acqua e bicarbonato, che limitano il diffondersi delle micosi e che rendono l’ambiente basico (l’acidita della pelle), meno favorevole alla crescita del fungo. I pediluvi vanno praticati almeno una volta al giorno per almeno 4 settimane.

Le regole d’igiene per prevenire il problema
Chi frequenta abitualmente ambienti umidi e affollati dovrà indossare sempre zoccoli di legno per evitare il contatto della cute del piede con il pavimento e non dovrà mai camminare scalzo sul pavimento.
Per prevenire la comparsa delle micosi, è bene praticare una corretta igiene personale con docce e pediluvi dopo lo sport.
Buona regola è indossare sempre calzature che facilitano la traspirazione cutanea. In estate è preferibile usare scarpe aperte, come i sandali oppure in stoffa come il cotone, per non far sudare troppo il piede.
Almeno 2 volte alla settimana sono consigliati dei pediluvi con detergenti anti-micotici.
Una volta appurata la presenza del fungo e cominciata la cura, non bisogna mai interrompere il trattamento appena il sintomo scompare. La pelle del palmo delle mani e delle piante dei piedi è composta da cinque strati che si rigenerano continuamente. Il fungo può colpire anche lo strato più profondo dell’epidermide, che impiega circa un mese per rigenerarsi.
Tutte le cure locali, quindi, devono essere seguite per almeno 4 settimane.
Le calze di lana devono essere abbandonate in favore di quelle di cotone, che possono essere lavate in acqua bollente.
Se un componente della famiglia manifesta i sintomi di questa infezione, prima regola è cercare di isolare il fenomeno e limitarlo al solo portatore, non usando indumenti o asciugamani usati precedentemente dalla persona colpita dal disturbo.

Con la consulenza del dottor Antonio Torti e del dottor Antonino Di Pietro, dermatologi a Milano.

redazione

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