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Dermatite da contatto: le insidie nascoste nell’erba

Non è raro che, al termine di una spensierata giornata di svago, si arrivi a casa con fastidiosi pruriti o irritazioni di cui, talvolta, non riusciamo a capire la causa. Colpa di alcune erbe, piante più o meno comuni e, naturalmente, di insetti o di altri animaletti ospiti dei prati che, a contatto con la nostra pelle, possono provocare reazioni allergiche. Vediamo allora quali sono le irritazioni più frequenti.

Le fotocumarine e le reazioni allergiche da contatto con piante

Le fotocumarine sostanze presenti nell’erba verde dei prati e in alcune piante molto comuni, come i gerani o le primule. L’irritazione può avvenire per contatto diretto con la nostra pelle, per esempio quando ci sediamo oppure ci sdraiamo su un prato. È sempre necessaria, però, l’esposizione diretta ai raggi ultravioletti del sole; in assenza di questi (se cioè siamo in una giornata nuvolosa oppure in un periodo non estivo), queste sostanze non si attivano e rimangono del tutto “innocue” per il nostro organismo. Le fotocumarine penetrano nei primi strati cutanei e interagiscono con la pelle, scatenando una particolare reazione allergica chiamata foto-fito-dermatite (o anche dermatite dei prati).

È tipica e riconoscibile la manifestazione di questa allergia: arrossamento localizzato nel punto in cui siamo venuti a contatto con l’erba del prato o con le piante irritanti (solitamente gambe o braccia), prurito; talvolta, accompagnato da piccole bollicine disposte a strisce (quasi come se fossero colpi di frusta) lungo tutta l’area irritata. L’arrossamento è destinato, a scomparire nell’arco di qualche ora; le vescicole, invece, si rompono dopo qualche giorno, lasciando via via il posto a piccole croste che cadranno nell’arco di 7-10 giorni, lasciando la pelle perfettamente rimarginata e priva di segni.

Dermatite dei prati (o foto-fito-dermatite): cosa fare contro l’irritazione?

La dermatite dei prati è una forma frequente di irritazione per chi ama stendersi all’aria aperta. Normalmente passa da sola e non dà disturbi molto fastidiosi (il prurito provocato dalle sostanze irritanti si allevia già nell’arco di qualche ora). Per accelerare il processo di guarigione è bene passare sopra la zona colpita un panno bagnato con acqua fredda, o con un po’ di ghiaccio oppure versare nell’acqua del bagno un po’ di amido, che ha azione lenitiva e calma il prurito. Questo di solito è più che sufficiente ad arginare l’irritazione.

In alcune persone con la pelle molto sensibile o con predisposizione allergica, può accadere che questa dermatosi si trascini più a lungo: in questo caso, se i segni dell’irritazione non passano da soli dopo 10 giorni, è consigliabile rivolgersi a uno specialista: il dermatologo, se lo riterrà opportuno, potrà prescrivere una crema a base di cortisone, da applicare due volte al giorno (mattina e sera) sulla zona irritata.

Se la vittima della dermatite è un bambino (ma anche un adulto poco attento o molto sensibile al prurito), c’è il rischio che grattandosi le bollicine, si provochi un’infezione causata da batteri e germi presenti sulle mani. L’arrossamento diventerà più esteso e sulle piccole ferite potrebbe formarsi pus. In questo caso, il dermatologo prescriverà, accanto alla crema al cortisone, una pomata antibiotica (da applicare almeno 4-5 giorni, 2 volte al giorno) per combattere l’infezione batterica.

Piante urticanti: cosa provoca il contatto con esse?

L’altro fattore di irritazione è il contatto della pelle con piante che hanno, sulle foglie o sullo stelo, una peluria urticante. L’esempio più comune, in questo caso, è quello delle ortiche. Ma anche le primule, per esempio, hanno la stessa proprietà irritante. Queste “piante urticanti” sono dotate di una peluria che, a contatto con la nostra pelle, penetra nei primi strati cutanei e rilascia sostanze irritanti che scatenano una reazione infiammatoria ben visibile, con arrossamento, prurito intenso e formazione di pomfi. Si tratta di una irritazione di lieve entità, che passa da sola dopo qualche ora o un giorno al massimo. Non a caso, poche persone possono dire di essere rimaste indenni a seguito di un contatto involontario con un’ortica. Anche se (come può accadere da bambini) si finisce dentro un intero cespuglio di queste piante fastidiose e pungenti, non succede nulla di serio. L’unico vero rischio, anche qui, è legato al comportamento di chi rimane vittima dell’irritazione: se ci si gratta dove la pelle è arrossata e prude, è possibile provocare lacerazioni cutanee che potrebbero infettarsi. In questo caso, il semplice arrossamento si trasforma in impetigine: la pelle irritata si copre di piccole croste, dove poi si forma il pus.

Ortiche: rimedi contro il prurito

Nel caso di semplice irritazione da contatto con un’ortica o un’altra pianta dalla peluria irritante, non c’è null’altro da fare se non avere pazienza e lasciare passare il prurito. Nel giro di qualche ora, ci si dovrebbe già sentire meglio. Se l’irritazione è estesa e fastidiosa (magari per il fatto che abbiamo la pelle molto delicata e sensibile), è possibile alleviare i sintomi con impacchi di acqua fredda passando un cubetto di ghiaccio sulla zona colpita oppure (come per esempio nel caso della dermatite dei prati) facendo un bagno in acqua e amido (che possiamo acquistare facilmente in tutti i supermercati o nei negozi di prodotti per la casa). L’amido, grazie alle sue proprietà, è in grado di lenire il prurito e l’arrossamento. Se, invece, il nostro incauto comportamento (cioè il grattarsi la parte lesa) provoca una complicanza, è bene rivolgersi allo specialista dermatologo: contro l’impetigine prescriverà una crema antibiotica da applicare sull’infezione per 7-10 giorni, mattina e sera.

Dermatiti allergiche da insetti

Nell’erba e nei boschi si trovano anche molti insetti che possono scatenare reazioni allergiche simili a quelle della dermatite da piante urticanti. Vediamo i principali e come intervenire nei singoli casi.

Zecca

Fanno parte della famiglia degli acari e sono ricoperte, sul dorso, da un robusto scudo. Le zecche sono tra i parassiti più fastidiosi e nocivi, anche perché la loro puntura può essere veicolo di trasmissione di infezioni. Vivono normalmente sul corpo degli animali (cani, gatti, pecore, bovini e uccelli), di cui succhiano il sangue grazie a un apparato boccale che permette loro di penetrare la cute, come un arpione e di rimanere attaccate saldamente all’ospite di turno. In genere, rimangono attaccate al corpo dell’animale alcuni giorni, durante i quali si alimentano del suo sangue; poi, si staccano lasciandosi cadere al suolo, dove possono sopravvivere digiune anche per lunghi mesi, in attesa di un altro ospite. Si può trattare anche dell’uomo. Non è poi cosi raro, quindi, essere punti da una zecca mentre si è distesi su un prato. Generalmente, non ci si accorge subito della sua puntura, che è abbastanza indolore. La sua presenza è però evidente, perché la zecca rimane ancorata alla pelle. Successivamente si possono manifestare reazioni: irritazione della pelle, a volte gonfiori localizzati, raramente shock anafilattico.

Esistono diversi tipi di zecche, veicolo di infezioni differenti: alcune di esse (le cosiddette zecche “dei colombi”, presenti soprattutto in città) possono trasmettere la “malattia di Lyme” (causata da un batterio chiamato Borrelia), una seria infezione, fortunatamente molto rara, che si manifesta inizialmente con una lesione cutanea e un eritema. Se l’infezione non viene individuata e curata con farmaci antibiotici (a base di penicillina), anche dopo settimane possono comparire disturbi neurologici, dolori ai muscoli e alle ossa, danni alle articolazioni. Meno raro, ma comunque poco frequente è il rischio di rickettsiosi (o “febbre bottonosa“), un’infezione trasmessa dalle zecche dure che colpisce gli animali domestici. Si manifesta con pustole, febbre alta, dolori muscolari. Viene curata con farmaci antibiotici (di solito, a base di tetracicline).

Nel caso ci si trovi una zecca attaccata alla pelle, è bene procedere con attenzione: questi parassiti sono infatti, difficili da togliere perché rimangono ancorati alla pelle grazie alla loro bocca particolare, munita di “rostro”. Bisogna assolutamente evitare di schiacciarli, per scongiurare la possibile trasmissione di infezioni e perché altrimenti si rischia di lasciare la “testa” conficcata nella pelle. Il metodo più efficace è quello di bagnare la zecca con una goccia di benzina o di alcol: in questo modo, il parassita si ritirerà spontaneamente dalla pelle, consentendo di asportarlo con una pinzetta. La parte colpita va poi disinfettata e lavata con acqua e sapone. Se la zecca è rimasta attaccata alla pelle per meno di 24 ore, può non essere necessario alcun rimedio. in caso contrario, è bene rivolgersi a un medico specialista (soprattutto se si avvertono strani sintomi (come debolezza, febbriciattola, reazioni cutanee) che potrà prescrivere una cura a base di farmaci antibiotici per la durata di 5-10 giorni.

Cantaride

La cantaride è un piccolo coleottero che vive solitamente nelle nostre campagne: ciò che la rende temibile, ai nostri occhi, è una sostanza fortemente urticante che essa possiede in corpo. Si tratta della cantaridina. Può capitare che, per esempio andando in bicicletta o camminando in un prato (ma in questo caso, è meno probabile), la cantaride ci venga addosso: la nostra pelle entra, quindi, in contatto con la cantaridina. Si manifesta così una reazione allergica: la porzione di pelle si copre di un fastidioso eritema; compaiono piccole bolle che danno un intenso prurito. L’irritazione provocata dalla cantartide non è di per sé pericolosa e passa da sola, nel giro di qualche giorno. L’eritema può però essere abbastanza esteso, oppure riguardare una zona delicata del corpo (per esempio, il viso); le bolle possono dare un fastidioso prurito: in questo caso, per alleviare al più presto i disturbi, è bene rivolgersi a un dermatologo per la prescrizione di creme a base di cortisone.

Processionaria

La “processionaria” è un bruco tipico dei prati e, sebbene abbia un aspetto innocuo, può portare fastidi. Proprio di recente, nell’hinterland milanese, si è verificata una vera e propria epidemia da processionarie, con relativa presa d’assalto delle farmacie di turno per i primi soccorsi. La processionaria appartiene alla famiglia dei lepidotteri (farfalle). Vive sulle piante comuni, si arrampica sulle foglie, di cui si nutre, fino a racchiudersi in un bozzolo dal quale uscirà sotto forma di farfalla. Ha il corpo ricoperto di peli che, a contatto con la pelle, hanno un’azione molto irritante. Viene chiamata anche “gatta pelosa”. Può succedere che, mentre passeggiamo per un prato, uno di questi bruchi cada da una pianta e ci arrivi addosso, rotolando sulla pelle del viso, delle braccia o delle gambe. Lì per lì, il contatto ci lascia indifferenti: il corpo del bruco è soffice e leggero, apparentemente del tutto innocuo. Accade, però, che alcuni peli si stacchino dal piccolo animale e rimangano infitti nella zona di pelle colpita. Se con la mano ci sfreghiamo questa parte o se, durante la notte, sfreghiamo la pelle con il lenzuolo, questi piccoli aculei si spingono in profondità: le sostanze che contengono causano una irritazione cutanea, che si manifesta con grosse chiazze di eritema e, spesso, vescicole del tutto simili a scottature.

Non bisogna grattare la parte irritata, per evitare una infezione batterica dai germi presenti sotto le unghie o sulle mani, e occorre invece mettersi sotto una doccia calda: l’acqua elimina i resti urticanti depositati sulle braccia o su altre parti del corpo. Da evitare l’ammoniaca. Il prurito permane per almeno 5 giorni, le vescicole per 2 settimane circa. Il dermatologo potrà consigliare creme a base di cortisone (da mettere 2 volte al giorno) per calmare il prurito. Se si produce anche una reazione allergica, si possono prendere farmaci antistaminici per bocca (sempre su diretto controllo del medico specialista), per 4-5 giorni.

Pulce

Meno pericolose delle zecche, ma altrettanto fastidiose, le pulci stazionano e prolificano dove vivono cani, gatti e altri animali.Possono facilmente trovarsi nell’erba del prato e pungere anche l’uomo, per succhiarne il sangue. La puntura di una pulce provoca di solito prurito e gonfiore; solo occasionalmente, può comparire irritazione o un po’ di febbre. Diversamente dalle zecche, non c’è il rischio che le pulci rimangano a lungo sulla pelle umana (piuttosto, negli abiti che si indossano). La puntura di una pulce non è quasi mai pericolosa (anche se esiste, per quanto rara, l’eventualità di trasmissione di un’infezione).

Se il prurito o il gonfiore non passano da soli o sono molto fastidiosi, il dermatologo potrà consigliare una crema a base di cortisone, da applicare sulla parte per qualche giorno. Bisogna sempre rivolgersi al proprio medico e anche allo specialista se, dopo la puntura delle pulci, comparisse qualche linea di febbre, anche a distanza di giorni. Potrebbe essere il segnale di una infezione, che va curata tempestivamente con farmaci antibiotici. È, però, bene accertarsi di non aver portato a casa (negli indumenti o in altri accessori di stoffa) questi sgraditi ospiti. In questo caso, infatti, si corre il rischio che le pulci si annidino e depongano le uova anche nell’appartamento (vanno “a nozze” sui tappeti, per esempio). L’unico rimedio, allora, sarebbe la disinfestazione.

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Dermatologo Plastico a Milano - Fondatore e Direttore Istituto Dermoclinico Vita Cutis

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